Le diete chetogeniche: oltre il dimagrimento

Da qualche anno le diete chetogeniche si sono fatte strada come gold standard per i dimagrimenti importanti, grazie ai loro effetti veloci sulla perdita di peso.
Sappiamo però che questo tipo di approccio non è unico, anzi, si parla proprio di DIETE al plurale, perché, in base allo scopo, si possono modulare diversi modelli.
In generale le diete chetogeniche sono un regime alimentare che, attraverso una forte restrizione di tutte le fonti di carboidrati (al di sotto dei 30 -50 g al giorno) e un normale apporto proteico (non sono infatti protocolli iperproteici!) , stimolano il corpo ad utilizzare i grassi a scopo energetico, producendo 3 importanti molecole, i corpi chetonici: Acetone, Acido Acetoacetico e Beta-idrossibutirrato.

La variabile che differenzia le diete chetogeniche è l’apporto lipidico, dei grassi, che può essere basso, normale o alto, questo genererà un determinato rapporto tra lipidi, proteine e carboidrati, definito Rapporto Chetogenico (K) che definirà la tipologia di dieta.
 Più alto è K maggiore sarà la quota di lipidi nella dieta e viceversa.

Le diete Chetogeniche classiche hanno un K molto alto con un rapporto di Lipidi/proteine+carboidrati  di 4:1, sono  protocolli terapeutici per la gestione di molte patologie.
La dieta MCT invece ha un rapporto di 3:1 e presenta una maggior percentuale di grassi a media-corta catena, anche questa usata come dietoterapia.

Le LGIT e le MAD modulano leggermente l’apporto proteico e l’apporto lipidico e sono varianti più sostenibili della Cheto classica. Tutte queste chetogeniche possono essere normocaloriche o anche ipercaloriche, in base al paziente e allo scopo terapeutico
Le VLCKD sono le diete utilizzate per il dimagrimento, con un K molto basso e con un ristretto apporto calorico.

 

L’utilizzo di una approccio o di un altro è a discrezione del professionista, che può essere un medico o un nutrizionista, in caso di patologie però, il biologo o dietista dovrebbe essere sempre affiancato dal medico nella valutazione di quale tipo di chetogenica sia più adatta, soprattutto perché, molte volte, l’utilizzo della dieta richiede una rimodulazione della terapia farmacologica.
Nelle diete per dimagrimento invece, salvo casi particolari con co-presenza di patologie, la valutazione dell’utilizzo delle VLCKD sarà a discrezione del singolo professionista dopo attenta anamnesi del paziente.

QUANDO NON POSSO USARE UNA CHETOGENICA?

Ci sono alcune patologie e farmaci che impediscono l’utilizzo delle chetogeniche, perché potrebbero peggiorare la salute del paziente o interferire con l’efficacia dei farmaci (diminuendone o aumentandone l’effetto.)

In particolare, tra le patologie ricordiamo:

  • Insufficienza epatica grave o medio-grave
  • Infarto, TIA o ictus negli ultimi 12 mesi
  • Aritmie cardiache
  • Insufficienza cardiaca
  • Ipokaliemia non controllata
  • Diarrea persistente
  • Gravidanza e allattamento
  • Disturbi psichiatrici gravi anche se in trattamento
  • Anziani >70 anni di età
  • Bambini < 14 anni di età
  • Alcuni deficit genetici che compromettono il metabolismo lipidico
  • Aciduria organica
  • Porfiria
  •  

Mentre i farmaci che impediscono l’applicazione delle chetogeniche sono

  • Diuretici non risparmiatori di potassio (furosemide, idroclorotiazide)
  • Ipoglicemizzanti orali (sulfaniluree, glinidi da soli o in associazione)
  • Gliflozine
  • Antipsicotici

 

NON SOLO PERDITA DI PESO

Come abbiamo visto le diete chetogeniche nella variante VLCKD sono utilizzate a scopo dimagrante perché, oltre a garantire una perdita di peso pari quasi al doppio rispetto ad una normale ipocalorica, hanno il grande beneficio di preservare la massa magra del paziente (la muscolatura), di non far sentire la fame, grazie agli effetti dei corpi chetonici sul nostro Sistema Nervoso Centrale e permette una sorta di reset metabolico, a cui dovrà seguire, ovviamente, una rieducazione alimentare.

 

Ma gli utilizzi delle chetogeniche si spingono molto oltre, gli studi ci dicono che possiamo usarle anche nel trattamento di

 

  • PCOS – Sindrome dell’Ovaio Policistico
  • Nei percorsi per la Fertilità, sia maschile che femminile
  • Nel trattamento delle emicranie
  • Come coadiuvante alle terapie in alcuni tipi di tumore
  • In alcune patologie autoimmuni
  • Tutte le patologie correlate al sovrappeso e obesità (insulino—resistenza, diabete tipo 2, ipertensione, ipercolesterolemia ecc)

La scelta se usare o meno una chetogenica dovrà obbligatoriamente passare attraverso la valutazione delle analisi del sangue del paziente e della sua eventuale terapia farmacologica. Ci sono infatti alcune situazione che non permettono di usare questi approcci perché sarebbero dannosi per il paziente

Per le patologie autoimmuni ci sarà un articolo a parte, vista la complessità dell’argomento, iniziamo invece a vedere le altre applicazioni.

Il minimo comune denominatore dell’efficacia delle diete chetogeniche in tutte le patologie sopracitate è il loro effetto antinfiammatorio, per tre motivi:

  • Il tessuto adiposo quando in eccesso produce molte molecole proinfiammatorie, la perdita di peso, e quindi la riduzione del grasso corporeo, permette di ridurre anche l’infiammazione sistemica. Inoltre molti alimenti che stimolano l’infiammazione sono di base esclusi in una chetogenica (glutine, saponine, legumi…)
  • Il Beta idrossibutirrato, il più importante dei tre corpi chetonici, ha un’azione diretta sull’inibizione della produzione di molecole pro-infiammatorie
  • La dieta chetogenica è in grado di modulare il Microbiota Intestinale aumentando i batteri con potere antinfiammatorio

 

PCOS – Sindrome dell’Ovaio Policistico

La Sindrome dell’Ovaio policistico (di cui parlo in questo articolo METTERE LINK) è una condizione caratterizzata da un eccesso di androgeni che porta, molto spesso a insulino-resistenza, sovrappeso e in generale ad uno stato infiammatorio.

L’utilizzo di un approccio chetogenico ha mostrato una diminuzione dell’infiammazione, un miglioramento dell’insulino-resistenza e perdita di peso, un miglioramento nelle manifestazioni tipiche dell’iperandrogenismo (acne, irsutismo e obesità addominale) e infine un riequilibro ormonale.

FERTILITA’

L’utilizzo delle chetogeniche nel trattamento della fertilità sta dando grandi risultati.
Oltre alla diminuzione del peso corporeo in eccesso, che è risaputo essere un fattore di rischio per ipo-fertilità a causa dello squilibrio ormonale che porta il sovrappeso, il controllo degli stati infiammatori soprattutto a livello endometriale (ad esempio in patologie come l’endometriosi) permette di creare un ambiente più favorevole all’impianto dell’uovo fecondato.
Molti studi hanno inoltre dimostrato come la dieta chetogenica migliori la qualità ovocitaria, anche nei percorsi di fecondazione assistita.

Infine l’utilizzo di approcci chetogenici/low-carb migliora l’esito dei percorsi di procreazione medicalmente assistita

EMICRANIA E DOLORE CRONICO

Alcuni studi degli ultimi anni hanno evidenziato il ruolo neuro-protettivo sui neuroni dei corpi chetonici, grazie alla loro capacità di oltrepassare la barriera ematoencefalica, questo sta permettendo di studiare questi protocolli anche sulle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Le cause dell’emicrania sono da imputare a difetti nella produzione di energia dei neuroni e/o ad un aumentato stress ossidativo unito a basse difese antiossidanti e anche a squilibri del microbiota intestinale.
I corpi chetonici, soprattutto il Beta-idrossibutirrato, permettono di abbassare lo stress ossidativo dei neuroni, aumentare l’efficienza energetica e la funzione mitocondriale delle cellule del nostro Sistema Nervoso, permettendo la riduzione dell’eccessiva eccitabilità neurale che porta agli attacchi di emicrania.
Questo importante effetto, unito all’attività antinfiammatoria, ha permesso di notare miglioramenti anche nei pazienti che soffrono di dolore cronico.

IN ONCOLOGIA

Gli studi sulle diete chetogeniche e le loro applicazioni sui pazienti oncologici sono tuttora in corso e ad oggi non possiamo dire che vi siano evidenze su eventuali effetti anti-cancro di questi approcci.
E’ però ormai dimostrato che in alcune tipologie di tumore, in particolare nei tumori ormono-dipendenti, è necessario che il paziente mantenga un peso corporeo “relativamente” basso, ovvero che il tessuto adiposo si mantenga in un range di valori medio-basso. Sappiamo inoltre che sovrappeso e obesità, soprattutto nelle donne, sono uno dei fattori di rischio proprio per lo sviluppi di tumori al seno, ovaie ed endometrio, e in questo contesto le diete chetogeniche si inseriscono sia in forma di prevenzione sia nel follow-up.
Inoltre è ormai noto l’effetto negativo di un eccesso di insulina in pazienti con malattia oncologica (ma anche per quanto riguarda la prevenzione!), quindi l’utilizzo di approcci di questo tipo può aiutare a superare condizioni di insulino-resistenza o alterata tolleranza al glucosio.
Infine ci sono notizie incoraggianti per quanto riguarda l’utilizzo del digiuno terapeutico ciclicizzato come supporto durante la chemioterapia, sembrerebbe infatti che quanto tipo di protocollo aiuterebbe a migliorare l’efficacia delle terapie, mitigandone anche gli effetti collaterali

Per concludere
L’utilizzo di approcci chetogenici può essere di aiuto in molte condizioni, anche se non è necessaria la perdita di peso.
La complessità dei diversi piani, unita alla necessità di monitorare con costanza la salute del paziente, li rendono percorsi da fare solo sotto stretta guida di un professionista.
Il fai da te, in questi casi può essere dannoso e, in alcuni casi, pericoloso.

 

 

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